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Il tempo della mediazione: a cosa serve davvero il termine dei tre mesi

Il procedimento davanti all’organismo di mediazione, in determinate materie imposto come condizione necessaria per poter poi procedere in tribunale, deve durare massimo 3 mesi. Ma la legge non specifica quali siano le conseguenze in caso di sforamento di tale tetto temporale. C’è però una sentenza del Tribunale di Roma che, occupandosi del tema, ha cercato di fare chiarezza.

In verità – si legge in sentenza – il termine dei tre mesi non può essere considerato come condizione di validità dell’accordo: nel senso che, se la mediazione viene raggiunta dopo tale limite (per esempio, a seguito di quattro mesi di trattative), essa è ugualmente valida e non può essere annullata o rimessa in discussione.

Il tetto dei tre mesi è indicato dalla legge solo ai fini della cosiddetta “condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria”: in buona sostanza, prima di tre mesi dall’inizio del procedimento non si può avviare la causa in tribunale. Diversamente, a partire dal primo giorno successivo a tale tetto (3 mesi e 1 giorno) la parte potrebbe, eventualmente, lasciare il tavolo delle trattative e rivolgersi al giudice. O addirittura farlo nonostante pendano i tentativi di componimento bonario davanti all’organismo di mediazione.

La vicenda

In sede di mediazione, alcune parti avevano raggiunto un accordo per la divisione di un’eredità: accordo che, però, dopo qualche mese non era più piaciuto a uno degli eredi che, pertanto, ne impugnava la validità in tribunale, sostenendone la nullità perché raggiunto quando ormai i 3 mesi erano decorsi abbondantemente. Il tribunale di Roma ha rigettato la richiesta della parte, confermando la validità della mediazione anche se giunta dopo 90 giorni.

La motivazione

Secondo il giudice, l’accordo di mediazione resta ugualmente valido anche se concluso fuori tempo massimo. Il limite di tre mesi stabilito dalla legge non costituisce un limite per la formazione dell’accordo, ma solo una condizione per poter agire in tribunale: esso è stato infatti stabilito solo allo scopo di evitare che le parti fossero assoggettate, all’infinito, al divieto di rivolgersi all’autorità giudiziaria.