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Una famiglia che sopravvive alla fine di una coppia. Ed è ancora felice.

Caterina è giunta nel nostro studio con la volontà di farsi aiutare. Il marito Cosimo l’aveva lasciata. Lui accolse la volontà della moglie e acconsentì a intraprendere il percorso di mediazione familiare. Occupavano due delle tre poltroncine che, equamente vicine (o lontane) da me, dovevano enunciare la mia vicinanza a pari titolo ad entrambe le parti della disputa ed al contempo, la mia terzietà che doveva rimanere inalterata, senza pregiudizi, qualsiasi cosa mi venisse raccontata. Una coppia, ma soprattutto e ancora due genitori che sceglievano la mediazione della quale il primo beneficiario sarebbe stato il loro bambino Lorenzo, che allora aveva cinque anni. Quel giorno, introdussi Caterina alla prima fase dell’accoglienza nella quale le ho spiegato che avrei seguito sia lei che Cosimo, assegnando loro dei compiti a casa che avrebbero potuto svolgere insieme, verificando i loro progressi nella condivisione di obiettivi comuni, attraverso una comunicazione efficace. Non sarei stata un giudice, attribuendo ragioni o torti, non avrei difeso l’uno contro l’altra, avrei ascoltato, aiutato, mediato. Avremmo contato sulla comune riservatezza. Avremmo individuato diversi percorsi e avremmo trovato insieme la strada verso la serenità. Nella nostra equipe, non sarebbe stata sufficiente la presenza partecipativa di Caterina, ma occorreva il contributo essenziale di Cosimo il quale avrebbe dovuto accogliere quel percorso che avevo presentato alla moglie e così, anche lui ha fatto il proprio ingresso in studio e gli è stato introdotto il percorso che, per scelta, avrebbero intrapreso. Purtroppo, la loro comunicazione era diventata pressoché assente e finalizzata alle esigenze lavorative che li accomunavano e agli impegni del bimbo: parlavano poco e la loro vita affettiva era pressoché assente. I primi incontri servirono a dissodare il terreno dalla cattiva comunicazione, provando a far rimarginare vecchie ferite, a dare voce a delusioni malcelate e a manifestare il malessere di ciascuno loro perché si accogliessero nella loro diversità e perché, con nuove modalità, cominciassero a prendersi “cura” l’uno dell’altro per se stessi e, soprattutto, per il loro piccolo Lorenzo. Nel percorso di mediazione entrambi giocavano a interpretare il ruolo dell’altro, ciascuno si chiedeva, ormai spesso, cosa avrebbero fatto e pensato trovandosi nei panni dell’altro. Superato brillantemente il passaggio della comunicazione empatica e costruttiva, dovevamo entrare necessariamente in un altro territorio molto pragmatico: una nuova gestione della famiglia a livello patrimoniale, il mantenimento e l’affidamento del piccolo. Nei successivi incontri abbiamo lasciato emergere tante possibilità e strategie per gestire in maniera adeguata il nuovo assetto familiare che si andava costituendo. Caterina decideva quindi di non rientrare a Roma dove precedentemente al matrimonio viveva sia per non mettere in difficoltà l’azienda nella quale da molti anni lavorava con Cosimo, sia per non togliere al papà la possibilità di incontrarsi e di prendersi cura del bambino. Questa scelta è stata frutto della riflessione che sarebbe stato deleterio per Caterina gestire l’affidamento in modalità alternata, seppure condivisa in quanto i compiti della gestione familiare sarebbero spettati quasi tutti a lei, e Lorenzo avrebbe risentito molto della mancanza frequente del papà.
Nei successivi incontri, la capacità comunicativa di Caterina e Cosimo è giunta al punto che, oggi entrambi sono in grado di modificare la loro gestione familiare in vista delle mutevoli esigenze. Il bambino, gode similmente delle prerogative di una famiglia “unita”: entrambi i genitori provvedono al suo mantenimento in maniera diretta, e attraverso il supporto economico del padre; frequenta entrambi i rami parentali e le amicizie vecchie e nuove. Cosimo e Caterina sono adulti responsabili: l’oggettiva situazione di difficoltà non li ha fatti chiudere nel loro egoismo, ma, al contrario, la mediazione li ha educati a comunicare in maniera costruttiva e non rivendicativa l’una nei confronti dell’altro, che ha sortito un effetto positivo anche nel loro comune lavoro. Oggi sono separati legalmente: in Tribunale sono giunti insieme e insieme sono andati via, tornando al loro comune lavoro e accordandosi per Lorenzo sulla gestione del “menage familiare” del seguito della giornata.