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Riforma processo civile: riduzione ambito della mediazione inspiegabile: Guardasigilli non ha ascoltato gli ODM, perché?

Negli ultimi anni sono stati numerosissimi e autorevoli gli interventi sulla mediazione, che hanno messo in luce quanto questo istituto sia diventato importante per il nostro sistema giudiziario, quanto sia necessario per creare un nuovo approccio per affrontare le controversie e quanto sia indispensabile potenziarne gli effetti a tutto vantaggio di cittadini, imprese e consumatori.

Da decenni ci siamo abituati ad un potenziamento degli strumenti a tutela dei consumatori da parte dei governi che si sono succeduti e mai avremmo pensato che un esecutivo, sul finire del 2019, potesse proporre una riforma che rimette in discussione tutto, non sappiamo bene nemmeno perché.

Quello che il ministro Bonafede vuole fare, ovvero togliere dall’alveo della condizione di procedibilità i contratti bancari, assicurativi e finanziari è totalmente insensato, come sono insensate le ragioni che sottenderebbero a tale decisione (ovvero lo scarso “successo” dell’istituto della mediazione in queste materie).

È facile capire perché, e ci si attenderebbe che non ci fosse bisogno di ricordarlo a un ministro della Giustizia. Ma tant’è, perciò ci apprestiamo a spiegarlo: tutti sanno che in questi rapporti negoziali c’è una sproporzione di posizione tra consumatore e “professionista” e tutti coloro che hanno competenza in materia di ADR (come il legislatore europeo) sanno che il tavolo di Mediazione è uno strumento d’eccellenza per riequilibrare le posizioni e dare “parola” al consumatore. Quindi voler estromettere dall’obbligatorietà queste materie significa costringere i consumatori SEMPRE (vuol dire nel 100 per cento dei casi) a ricorrere direttamente al Giudice, con buona pace dell’effetto deflazione!

Non solo. Significa anche non avere una visione di insieme della legislazione a tutela dei consumatori.

E se Bonafede, o qualche sostenitore del taglio di queste materie, a queste osservazioni rispondesse che a livello statistico c’è una minore percentuale di successo del procedimento di mediazione rispetto ad altre materie (come ad esempio la materia condominiale o la materia delle successioni o dei diritti reali) si potrebbe rispondere che addurre una tale motivazione al taglio, significa non avere una visione di insieme del sistema di risoluzione delle controversie in tali materie (comprendendo anche il procedimento classico: il Giudizio) e non conoscere le condotte (spesso c’è chi ha parlato di “cartello” contro la mediazione e gli Organismi di mediazione delle grandi imprese assicurative e bancarie) che in questi anni sono state poste in essere per “non sedersi al tavolo di mediazione”. La giurisprudenza di merito dei Tribunali di tutta Italia, parla chiaro proprio su quest’ultimo aspetto dal momento che i Giudici hanno irrogato sanzioni, condanne alle spese e addirittura sono arrivati a dedurre argomenti di prova da tali condotte (116 c.p.c.) e condanne per lite temeraria (96 c.p.c.) norme solitamente poco applicate dai Giudici prima di questi casi.

Per non parlare della responsabilità medica: anche qui è evidente che non si è scesi nel cuore del problema legato ai procedimenti di mediazione. La Mediazione, infatti, solo potenzialmente coinvolge “persone” in questi casi e cioè “medico e paziente”.

Se il legislatore sia del passato sia del presente, avesse saputo guardare meglio alla problematica legata a questa delicata materia avrebbe dovuto mettere in risalto l’aspetto legato alla comunicazione e l’aspetto profondamente emozionale connesso al riconoscimento reciproco tra i soggetti coinvolti e al riconoscimento dell’esistenza e anche dell’inesistenza dei danni lamentati.

È facile comprendere (anche se qui ci limitiamo ad accennarla) che questa non è soltanto una tematica giuridica e pertanto non può essere studiata e risolta solo da un giurista. Fermandosi al primo livello del problema, solo apparentemente legato alle statistiche, ci si è dimenticati non solo di indagare a fondo ma si è anche omesso di comprendere che quel primo livello è solo la punta dell’iceberg, la parte visibile di un problema enormemente più grande, infinitamente più complesso: non si può ad esempio prescindere dalla considerazione del coinvolgimento delle imprese assicuratrici se non si vuole ridurre la perdita di un congiunto a una “fredda pratica” da liquidare (o meno).

Infine, le successioni ereditarie: affidarle a procedimenti “speciali” pare essere una soluzione valida per il ministro Bonafede e i suoi collaboratori. Ma come? In Tribunale si propone un unico rito per tutte le controversie e in mediazione se ne propone uno “speciale”? È giusto cogliere la natura e la complessità di una mediazione che coinvolge una famiglia, apparentemente divisa per una questione economica. È dunque sacrosanto pensare che si sia compreso che per affrontare una simile mediazione siano necessarie competenze specifiche acquisite magari attraverso un percorso di formazione che fornisca tutti gli strumenti necessari per gestire le dinamiche “familiari”. Dunque il ministro e i suoi collaboratori hanno proposto che siano affidate a un’equipe di Mediatori in cui ci sia obbligatoriamente un Mediatore familiare? No. Gli autori della riforma, per affrontare questo delicato, specifico, particolare, complesso tipo di controversia hanno previsto un notaio. Sì esatto, un notaio, la stessa figura che, in ogni caso è chiamata ad intervenire in sede di stesura dell’accordo e di trascrizione del medesimo. Perché? Qual è il senso di questa scelta? Qual è la ragione per la quale si sottraggono alla figura del mediatore questo tipo di controversie? Certo in questo caso non possono essere invocate giustificazioni statistiche: nel caso delle successioni ereditarie le parti sovente scelgono di sedere al tavolo della mediazione e le percentuali di successo sono elevatissime. Allora perché?

Misteri.

Ma il mistero più grande, quello che è davvero incomprensibile è come si sia potuto dar vita a una riforma che incide così pesantemente sull’istituto della mediazione, senza avvertire la necessità, senza comprendere l’assoluta opportunità di ascoltare gli organismi di mediazione.

Negli ultimi 10 anni, gli ODM hanno creato un piccolo indotto economico.

Gli ODM sopportano i costi delle mediazioni (perché nessun rimborso è previsto) in cui partecipano parti che non hanno le possibilità economiche di pagare le spese di mediazione.

Gli ODM hanno sopportato i costi del personale assunto anche nel periodo di “sospensione” della condizione di procedibilità.

E nessuno ha chiesto cosa pensassero di eventuali modifiche, nessuno ha chiesto di fare una verifica accurata di cosa accade in questi settori.

Quello che viene da pensare è che temessero la risposta: perché chi è schierato in prima linea, chi conosce le difficoltà passate e presenti degli ODM, dei cittadini, dei consumatori e delle imprese forse avrebbe risposto che “per agevolare la Mediazione, occorre prevedere degli strumenti che spingano le persone a mediare: maggiori e reali agevolazioni fiscali, per esempio. E strumenti più stringenti per le condotte poste in essere a danno della mediazione: sanzioni (non solo endoprocessuali) e maggiormente incisive.

Malgrado l’evidenza di una totale (e inspiegabile) mancanza di interesse nei confronti degli ODM e delle loro opinioni in merito, gli organismi di mediazione continuano a mettere a disposizione del Ministro le proprie competenze e il bagaglio di esperienza maturato in anni di professione, anni fatti di mediazioni tentate, riuscite, a volte “fallite”, ma mai inutili. E auspicano che un dialogo che pare essersi interrotto possa riprendere, per il bene della mediazione, per il bene del Paese.

I fondatori di Spf Mediazione, Giuseppina De Aloe e Alessio Bellanza