segreteria@spfmediazione.it | +39 0984 32 466

segreteria@spfmediazione.it | +39 0984 32 466

La presenza personale delle parti in mediazione è imprescindibile. Ancora una sentenza per ribadirlo

Gli avvocati non bastano. Ancora una volta una sentenza, questa volta della Corte d’Appello di Ancora, ribadisce l’importanza della presenza personale delle parti al primo incontro di un procedimento di mediazione. Mandare gli avvocati, infatti, non è sufficiente a far ritenere osservato l’obbligo del tentativo di mediazione, perché come dice la legge “lo scopo della mediazione è quello di riattivare la comunicazione fra i soggetti in conflitto al fine di metterli nelle condizioni di verificare la possibilità di una soluzione concordata”. Se le parti non sono presenti non può esserci comunicazione e non si può nemmeno tentare di sanare il conflitto. Per questo motivo i giudici di secondo grado anconetani hanno dichiarato l’improcedibilità della domanda giudiziale per mancato esperimento della procedura di mediazione, attesa la mancata partecipazione personale della parte al primo incontro informativo, svolto in primo grado.

Di seguito il testo della sentenza:

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO Dl ANCONA

SEZIONE 1 CIVILE

Riunita in camera di consiglio con l’intervento dei Sigg. magistrati

Dott. Gianmichele Marcelli – Presidente

Dott. Ugo Pastore – Consigliere est.

Dott. Pier Giorgio Palestini – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1596 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2016 e promossa
DA

APPELLANTE

CONTRO

APPELLATA

oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro n. 545/2016 del 8.7.2016 in materia di locazione

Conclusioni: vedi verbale udienza di discussione del 23.5.2017

RAGIONI Dl FATTO E Dl DIRITTO DELLA DECISIONE

Con ricorso della domanda depositato il 4.9•2015, previa inutile espletamento del procedimento di mediazione, adiva il Tribunale di Pesaro chiedendo la condanna di …….

—al risarcimento ex art. 3 commi 3 e 5 legge n. 431/1998 in misura di euro 17.532 ,pari a 36 mensilità dell’ultimo canone corrisposto, per aver alienato l’immobile di sua proprietà disdettato alla scadenza oltre i 12 mesi dal riacquisto della disponibilità .

Ritualmente costituitasi , la ……… chiedeva il rigetto della domanda sul presupposto che il termine annuale per la vendita decorresse dalla chiusura della procedura giudiziaria .

All’esito del giudizio, espletato inutilmente il tentativo di mediazione, il Tribunale rigettava la domanda e condannava l’attore alla rifusione delle spese di lite.

Avverso la sentenza proponeva appello il lamentando l’erroneo apprezzamento della decorrenza del termine annuale e dell’avvenuta contestazione della riconsegna delle chiavi dell’appartamento nonché la tardiva costituzione della convenuta in primo grado e chiedendo l’accoglimento della domanda azionata con vittoria di spese .

Si costituiva ritualmente la ……. contestando l’appello e chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

All’udienza del 23.5.2017 sulle conclusioni delle parti di cui al verbale in atti la Corte ha deciso dando lettura del dispositivo di seguito riportato.

La Corte rileva d’ufficio l’improponibilità della domanda azionata per omesso rituale espletamento della procedura di mediazione, erroneamente non apprezzato, come d’obbligo, dal primo giudice. Dal verbale dell’unico incontro fra le parti presso l’organismo di mediazione e conciliazione del Foro di Pesaro avvenuto in data 22.7.2015, si evincono infatti l’ingiustificata mancata partecipazione personale della parte istante l’assenza di qualsiasi parte del mediatore, di ottenerne la presenza.

In base all’art. 8 D.lgv. n. 28/2010 l’obbligo di preventiva mediazione può ritenersi osservato solo in caso di presenza personale della parte o di un suo delegato, diverso dal difensore, e non in caso di comparsa esclusivamente del difensore, posto che scopo della mediazione è quello di riattivare la comunicazione fra i soggetti in conflitto al fine di metterli nelle condizioni di verificare la possibilità di una soluzione concordata.

D’altro canto non avrebbe senso imporre un incontro fra i soli difensori e il mediatore per un’informativa del tutto inutile e un tentativo di conciliazione che gli stessi potrebbero attuare direttamente senza particolari formalità e inutili esborsi .

Ciò posto, la Corte, alla luce del dato letterale dell’art. 5 D.lvo n. 28/2010, ritiene che la tempestiva rilevabilità d’ufficio dell’improcedibilità per difetto di mediazione sia obbligatoria per il giudice, trattandosi di un indefettibile presupposto per l’inizio o la prosecuzione del processo (art. 5 comma I bis D.lgv. n. 28/2010: l’esperimento procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale” ).

Ne deriva che, indipendentemente dalle doglianze delle parti , laddove essa non sia stata tempestivamente e ritualmente rilevata, non possa ritenersi precluso al giudice d’appello di apprezzarne, d’ufficio, l’ insussistenza, anche in termini di validità.

Infatti se da un lato l’art. 5 comma 1 D.lgv. n. 28/2010 prevede che l’improcedibilità debba essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza ( la suprema Corte con ordinanze n. 19410/2010 e 1 167/2007 si è espressa nel senso di una configurazione sostanziale e non formale del concetto di prima udienza facendo riferimento all’udienza ex art. 183 c.p.c. ), la stessa norma prevede anche che il giudice, rilevato d’ufficio il mancato valido esperimento della mediazione, assegni alle parti un termine di 15 giorni per provvedere, il che fa presumere che tale previsione di decadenza sia funzionale a sanare il vizio e non a impedirne la successiva declaratoria ai fini della procedibilità della domanda.

D’altro canto la possibilità, prevista dal comma 2 dello stesso articolo, che il giudice d’appello possa, al di fuori dei casi di obbligatorietà della mediazione previsti dal comma I bis, disporre d’ufficio l’esperimento del procedimento di mediazione – che diviene in tal caso condizione di o procedibilità della domanda anche in appello – da un lato conferma il particolare favore attribuito dal legislatore all’istituto come modalità privilegiata di risoluzione, anche in sede di gravame, di alcune controversie civili e dall’altro autorizza un allargamento, non espressamente precluso, delle possibilità per il giudice dell’impugnazione di rilevare l’ impossibilità di una pronunzia nel merito per violazione delle condizioni di legge per promuovere giudizialmente la domanda.

Diversamente opinando, ove ciò si ritenesse precluso, si verrebbe a determinare un vulnus per la stessa previsione deflattiva di obbligatorietà dell’istituto laddove le parti si accordino o di fatto addivengano ad una elusione della previsione confidando sull’omesso apprezzamento da parte del giudice del mancato esperimento o della irritualità della mediazione effettuata..

Non appare superfluo sottolineare come a conferma della portata cogente dell’obbligo di mediazione —introdotto dal legislatore per e materie espressamente previste e che non può quindi tollerare limiti di rilevabilità – militi anche la significativa previsione del comma 4 bis dell’art. 8 del D.Lgv. n. 28/2010 sulla possibilità per il giudice di sanzionare l’ingiustificata partecipazione di una parte al procedimento e di valorizzarla ex art. 116 comma 2 c.p.c. nel successivo giudizio.

Appare illogico che il giudice dell’appello, una volta apprezzata la nullità della pronunzia di merito di primo grado per non avere il giudicante rilevato doverosamente l’irritualità della mediazione consentendone l’eventuale sanatoria, riesaminasse il merito della domanda in difetto di rituale mediazione.

D’altro canto la specifica esclusione dalla previsione dell’art. 5 comma 2 richiamato delle ipotesi di mediazione obbligatoria porta a ritenere che non sia consentito al giudice del gravame sanare d’ufficio il vizio di procedibilità mettendo le parti in condizione di sanare l’omessa o irrituale mediazione .

Neanche può considerarsi ostativa di una pronunzia di improcedibilità la previsione dell’art. 101 comma 2 c.p.c. , posto che la questione rilevata d’ufficio da questa Corte è di mero diritto attinendo alle condizioni di legittimità della mediazione, e non comporta apprezzamenti di fatto tali da determinare esigenze di integrale contraddittorio fra le parti e nei confronti del giudicante.

Ciò posto, all’apprezzamento della nullità della pronunzia di primo grado e dell’improcedibilità della domanda azionata consegue l’opportunità di compensare fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio .

Infatti se virtualmente potrebbe considerarsi soccombente l’attore in primo grado per non aver ingiustificatamente partecipato personalmente alla mediazione cagionandone l’irritualità , d’altro canto la stessa parte convenuta , non manifestando disponibilità in sede di mediazione e non promuovendo tempestivamente l’ eccezione di irritualità in primo grado, ha contribuito all’elusione o sostanziale dell’obbligo di legge così manifestando un’ingiustificata indisponibilità ad un superamento concordato delle ragioni di conflitto.

PQM

La Corte, definitivamente pronunziando, in riforma dell’impugnata sentenza dichiara l’improcedibilità della domanda, compensa integralmente fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio e condanna l’appellante al versamento in misura doppia del contributo unificato.

Ancona lì, 23 maggio 2017

Il CONSIGLIERE est. Ugo Pastore

IL PRESIDENTE

Gianmichele Marcelli